Insieme ai due più noti itinerari della Via Spluga e Via Bregaglia, che collegano Chiavenna con la Svizzera (il primo dirigendosi a Nord, per attraversare il Passo Spluga, il secondo a Est verso il Maloia e il Passo del Settimo), la Via Francisca completa il panorama dei percorsi storici di Valle, scendendo da Chiavenna lungo il lato destro (Ovest, Alpi Lepontine) della valle e giungendo fino al tempietto di S. Fedelino, località dalla quale si può proseguire verso Sud per raccordarsi con la Via Regina, che percorre la sponda destra del Lario.
Veniva chiamata Via Francisca nel Liber magnum degli statuti di Como del 1335, ma quasi certamente questo percorso era noto già al tempo dei romani, ed era una delle due strade di valle, utilizzata per le persone e merci che giungevano all’approdo di Summo Lacu (l’altra, sul lato opposto, collegava il porto di Riva, tra Novate Mezzola e Somaggia, con Chiavenna).
Dal ponte di Postaiolo (fiume Liro, poco sopra l’abitato di Chiavenna) fino a S. Fedelino la strada si snoda per 17 km. con brevi saliscendi, attraversando i centri abitati di Mese, Coloredo, Gordona. Proseguendo da qui attraverso il ponte sulla Boggia (un tempo ad arco, distrutto nel 1983 dall’alluvione), dopo aver costeggiato la destra del fiume Mera, alla base dello sperone roccioso della Torre di Segname, si giunge alla spianata della Cesura con i ruderi della seicentesca fattoria appartenuta alla famiglia Pestalozzi di Chiavenna (chiesetta di S. Orsola, stalle, casa-torre). Qualche centinaio di metri più avanti si attraversa un corso d’acqua (Valle Inferno, nella quale confluiscono nel tratto finale i vari ruscelli che scendono dal versante): è il confine fra Gordona e Samolaco.
Si oltrepassa il torrente Mengasca e, incontrata una cappelletta presso il trivio di Roverina, si prende a destra salendo verso S. Pietro, dove si sbocca su una piazzetta (negozio, bar-ristorante) che si attraversa proseguendo verso Sud; al bivio che si incontra dopo pochi metri si scende leggermente a sinistra, già in vista della medioevale torre del Culumbée, recentemente restaurata ed ora adibita a museo etnografico (apertura lunedì ore 9.00-12.00 e giovedì ore 15.00-18.00, oppure su richiesta). Poco oltre si trova la chiesa (fine ‘600), con bel campanile e sagrato circondato dalle cappelle della Via Crucis (1754, dipinti del 1763). Il sentiero prosegue in leggera discesa e, in corrispondenza del complesso scolastico e della nuova biblioteca, lascia il tratto asfaltato per continuare lungo la vecchia “strécia” (percorso tra muri in pietra, con fondo a selciato) che in breve scende a raggiungere la strada comunale tra S. Pietro e Era.
Qui si segue, sulla destra in leggera salita, la stradina secondaria che passa per l’abitato della Prona; quando questa compie una curva ad angolo retto per scendere verso sinistra, la si abbandona per imboccare la pista sterrata che sale a destra e piegare, poco sopra, a sinistra lungo un sentiero tra muri di recinzione di vecchie vigne abbandonate; si varca il corso della Val Marana (qui detta Val di Béĉĉ, valle dei caproni) raggiungendo di Schenone, con qualche bel dipinto che ancora si fa ammirare nella parte alta della piccola frazione.
Poco oltre si varca, alla base di bei vigneti, il torrente Bolgadregna e si raggiunge Sassello, minuscolo nucleo con qualche casa ristrutturata ed un bel dipinto con scritta di carattere religioso su una casetta isolata sulla sinistra. Qui si scende di pochi passi per incontrare, sulla destra, una lunga traversa che conduce alla località Luoghi (dialetto Lööĉ, come genericamente venivano denominate proprietà sia di terreni che di fabbricati) appartenente da secoli a gente di Starleggia (Campodolcino, Vallespluga) che qui aveva acquistato terreni impiantandovi castagneti e vigneti. Passando attraverso le modeste abitazioni possiamo ammirare il bel piatto in pietra che costituiva il basamento di un torchio, mentre il fabbricato più alto porta ancora delle decorazioni a graffito, dei simboli religiosi e la data 1707.
Si continua sempre in piano fino ad attraversare la Valle di Era, trovandosi subito ad intercettare il sentiero che sale da Era e raggiunge il Colle (Mott) di S. Andrea, abbellito dalle cappelle della Via Crucis, la prima delle quali è proprio in corrispondenza dell’incrocio (si veda la scheda relativa). Qui anche ai più frettolosi si consiglia di percorrere almeno il primo, breve tratto, salendo a destra fino al vecchio mulino e, poco oltre, al caratteristico crotto della Malpensata, collocato presso l’uscita del torrente dalla gola che aggira, a monte, il colle (siamo alla III stazione e qui il percorso subisce una netta svolta a sinistra, proseguendo lungo una traversa in costante salita fino alla stazione XI, ormai vicino alla méta).
Ritornando invece al percorso principale, si percorre una traversa in costante salita sopra i muri di recinzione di vecchi vigneti che si trovano subito a monte rispetto all’abitato di Era, raggiungendo gli antichi e particolari fabbricati di Surléra (letteralmente: sopra Era): sono a monte della strada, ben distanziati l’uno dall’altro, quasi sempre su più piani con facciate ricoperte da grandi “lòbie” per l’essiccazione delle pannocchie di mais. Alcune case mostrano ancora dei dipinti e quasi sempre porte e finestre sono decorate con semplici disegni a graffito.
Dopo gli ultimi edifici, si trova una cappelletta con dipinti (Madonna con Bambino, circondata da santi), oggetto di recente restauro da parte dell’Associazione Culturale di Samolaco, quindi si supera un piccolo avvallamento (Val di Mort) e si segue una carrareccia pianeggiante che passa per l’abitato di Montenuovo: anche qui edifici antichi, con strutture di tipo medioevale, e qualche graffito attorno alle finestre.
Si imbocca ora la strada asfaltata che sale da Era verso Paiedo, la si segue con un percorso pianeggiante attraverso i resti di vigneti poco sotto l’abitato di Ronco (anche qui una cappelletta, dedicata a S. Rocco) e si raggiunge un bivio; scegliendo la strada che scende sulla sinistra, ci si trova subito all’inizio del vecchio nucleo di Fontanedo, accolti dalla grande cappella (detta anche Gesaöö, piccola chiesa, per le dimensioni notevoli), restaurata nel 2010-2011 dall’Associazione Culturale di Samolaco. La stradina attraversa la parte centrale dell’abitato, con grandi edifici schierati sul lato a monte (qualche parte è stata demolita per la costruzione della strada): anche qui grandi e maestose “lòbie”, purtroppo in abbandono.
Superato l’abitato, si lascia sulla destra una presa d’acqua (dall’abbondanza di sorgenti il nome della frazione) e si scende lievemente fino ai crotti di Scima la Val (qui un bel dipinto con scritta votiva raffigura la Madonna di Gallivaggio -dipinto e scritta copiati poi anche nella cappella del ponte di S. Pietro: si veda scheda). Quando la strada comincia a scendere verso Casenda si imbocca invece il sentiero che sale a destra, si passa per i pochi ma caratteristici edifici di Stalla (all’interno di un cortile un dipinto e una vecchia scritta toponomastica), e più su si raggiunge Piazza. Qui si piega a sinistra, si comincia a scendere e si raggiunge la parte meridionale dell’abitato di Casenda, che si affaccia sul corso del torrente omonimo. Di nuovo si passa per vecchi edifici con scale esterne, lòbie, facciate con resti di dipinti, vicoli con selciato.
Si piega infine a destra e si raggiunge, attraversando il ponte sul torrente, il piccolo nucleo di Vigazzuolo. Qui, prima di scendere sulla sinistra verso S. Giovanni, vale la pena di inoltrarsi tra le case, salire lungo una carrareccia e portarsi in vista del caratteristico Crott dal Balóon: un crotto che trova alloggiamento sotto un macigno enorme, ricordo delle devastanti alluvioni che hanno segnato il destino non solo di questo piccolo nucleo ma anche dell’antica Summo Lacu (Vigazzuolo si trova tra i torrenti Casenda a Nord e Meriggiana a Sud).
Tornati al bivio si percorre per un poco la strada asfaltata, la si lascia poi per prendere, sulla destra, un sentiero che conduce poco sotto alla carrareccia: seguendola verso destra si raggiunge in breve San Giovanni all’Archetto (vedere scheda). Si attraversa quindi il ponticello e si trovano, a breve distanza, i resti di due fornaci nelle quali si cuoceva la calce che giungeva fin qui sulle barche. Si continua lungo il ruscello (Rusgiöö, piccola roggia) al di là del quale (Nord) c’è l’ultima, vasta distesa di campi prima di raggiungere il corso del fiume Mera, ormai addossato ai piedi del monte Berlinghera. Da qui fino a S. Fedelino il percorso prosegue con vista quasi costante del fiume sulla sinistra e dei versanti del Pizzo Berlinghera che incombono a destra.
Si supera per prima la Val Giröla, quindi la Valle della Porta, limite meridionale del Comune di Samolaco (fino al 1797 è stata confine politico e di riscossione dei dazi tra Grigioni e Ducato di Milano), infine si oltrepassa il solco della Val Francesca, contrassegnato dalla presenza di tralicci per l’alta tensione e da residui cartelli indicativi di un oleodotto ora dismesso. Infine si trova, sostenuta da un possente muraglione in pietra, una scala che sale sul costone della montagna: è quella che conduce, portando ripidamente verso le località Teolo e Brentaletto, a scendere sul versante meridionale fino a Dascio: siamo ormai sulla Via Regina (sponda destra del Lario).
A Teolo è possibile prendere la deviazione sulla sinistra che porta, con un percorso abbastanza esposto ed impegnativo, a scendere fino a San Fedelino.
È sicuramente più agevole il percorso che, invece, passando ai piedi della rampa di scale, continua a seguire il corso del fiume, salvo un ultimo sperone di roccia che deve essere superato per poi ridiscendere vincendo il salto finale tramite una ripida ma sicura scala in ferro. Qualche centinaio di metri e, dietro un’ultima curva, appare finalmente il tempietto.
Si tratta di una chiesetta costruita poco prima del Mille a ricordo del martirio di S. Fedele, il soldato romano perseguitato per motivi religiosi, fuggito da Como e qui raggiunto e decapitato nel 286. È una delle testimonianze di architettura religiosa più antiche di tutta la zona.